parole parole parole...
Se ne parlava stamattina a Viareggio con una giovane amica genovese
di Aldo Carpineti
Rappresenta un caso di cosmopolitismo personale: è genovese, risiede a Roma ed abita abitualmente a Dubai con il marito e la figlioletta. Ha studiato all'Accademia di Arte Drammatica, è attrice professionista, è stata fra i precursori dello Storytelling, quello vero.
Nei salotti romani, genovesi, e di diverse altre città organizzava ed organizza incontri con gruppi di persone che vengono invitate a raccontare, una per volta, una propria storia su un tema comune. Deve essere un fatto del tutto spontaneo, non preparato, per conservare freschezza e suscitare interesse immediato. Terminati i racconti si fa il giro di bevande, thè, tisane piacevoli, dolcini e altri cibi delicati. Occasioni assai gradevoli cui ho partecipato parecchie volte, a Genova e a Roma, appunto, ed anche in un bellissimo giardino di Lagomare, vicino a Torre del Lago Puccini.
Questo è Storytelling, è narrazione orale. Oggi il mondo delle imprese si è impadronito del termine e lo usa per definire i racconti scritti su temi aziendali con finalità promozionali. Questo, invece, non è Storytelling - osserva giustamente la giovane - è storywriting. L'uso improprio dei termini non ne favorisce la valorizzazione, anzi spesso avviene una inflazione che porta ad una banalizzazione dei contenuti, a discapito di chi ne faccia esercizio corretto, con rispetto dell'iniziale significato.
Un altro caso lampante è quello del termine coaching. Alcuni anni fa era coach aziendale chi, nel mondo della produzione, aveva le capacità di guidare persone attraverso le tematiche proprie della psicologia applicata all'azienda. Oggi il termine ha preso campo in mille direzioni. Manca soltanto che chi va a comprare patate sia definito coach. Volgarizzazioni di ordine prevalentemente commerciale.
Il problema nasce perché aziende di scarso livello e spessore usano termini pregiati allo scopo di valorizzare mansioni che, nel loro ambito, non sono particolarmente talentuose. Si usa un vocabolo prestigioso per dare prestigio a contenuti scadenti. E ciò sia verso la propria clientela sia verso chi possa avvicinare l'azienda stessa alla ricerca di un posto di lavoro. Con conseguenze depauperanti per la generalità delle situazioni. Parlare di Storytelling e parlare di Coaching oggi ha perduto l'iniziale autorevolezza dei temi.
Martedì 5 aprile 2022